Disturbi alimentari: Sveliamo le radici profonde del malessere invisibile.

Disturbi alimentari: Sveliamo le radici profonde del malessere invisibile.

Tabella dei Contenuti

Il quadro generale è il seguente: siamo in un mondo nel quale l’apparenza la fa da padrone, in un mondo nel quale siamo bombardati da stereotipi e immagini di bellezza spesso lontani dalla realtà; un mondo dove si parla in continuo di alimentazione, diete, calorie e dove i bambini ne vengono influenzati già dalla piccolissima età (diet talk). In questo contesto i disturbi alimentari sono diventati una patologia crescente e sempre più frequenti che sta colpendo una popolazione sempre più giovane. E colpendo senza distinzione sia uomini che donne.

Come emerge dai dati registrati anche dall’Ospedale Bambin Gesù di Roma. Leggi i dati qui.

Ma cosa hanno in comune tutti questi comportamenti?


Facciamo ordine: cosa intendiamo per “disturbi alimentari”?

I disturbi alimentari (DA) sono condizioni psicologiche complesse che influenzano il comportamento alimentare, la percezione del corpo e, molto spesso, l’autostima. Consistono principalmente in un assunzione smisurata di cibo che condiziona la persona in termini psicosociale.

Il termine quidi non indica un solo disturbo ma una classe di disturbi, con varie sfaccettature. Spesso tali disturbi possono coesistere nella stessa persona, o presentarsi in momenti diversi.

Tra i disturbi possiamo riconoscere:

  • Anoressia nervosa;
  • Bulimia nervosa;
  • Binge eating disorder;
  • Night eating Syndrome;
  • Obesità.

Ma non fermiamoci lì: esistono anche varianti meno famose ma altrettanto impattanti, come l’ortoressia (ossessione per il cibo “sano”) o la vigoressia (fissazione per l’attività fisica e il corpo “perfetto”).

Il sintomo è nel piatto, ma la radice è nella testa

Tutti questi disturbi sono diversi tra di loro eppure hanno tutti un fattore comune: la psiche. Ricordiamo che il cibo è sempre legato alle emozioni ed ecco che emozioni e alimentazione vanno di pari passo.

Nutrire noi stessi, mangiare, è un atto che compiamo abitualmente ma al quale non prestiamo la giusta attenzione. Quante volte il nostro stato d’animo influenza la nostra alimentazione? Se siamo tristi vogliamo cioccolato, se siamo felici o preoccupati abbiamo lo stomaco chiuso. Per non parlar del confort food, quell’alimento che tutti abbiamo e nel quale ci rifugiamo in momenti particolari della nostra vita. Alla luce di questo sembra ovvio che il cibo possa far scaturire dolci ricordi (il profumo del ragù della nonna) ma anche generare sensi di colpa e pensieri negativi.

Se pensiamo a quanto la nostra vita giri intorno al cibo e all’alimentazione è ovvio che la radice dei disturbi del comportamento alimentare risieda nella psiche ed è proprio per questa sfaccettatura che spesso alcuni campanelli d’allarme di queste patologie vengono sminuite e prese “a cuor leggero”, non capendo realmente cosa succede nella pancia e nella testa di chi inizia a soffrire di questi disturbi.

La Causa

Ecco il primo comune denominatore: il disturbo alimentare raramente parla solo di cibo. Il rapporto complicato con l’alimentazione è spesso la manifestazione visibile di un malessere più profondo. Ansia, depressione, trauma, bisogno di controllo, senso di inadeguatezza… Il cibo diventa strumento, rifugio o nemico.

Dietro questi comportamenti si nasconde il bisogno di controllo ma anche di accettazione. Si cerca di uniformarsi alla massa. Ed ecco che spesso un commento fuori luogo può essere il fattore scatenante di alcuni disturbi.

In altri casi invece dietro questi disturbi si nasconde il bisogno di autopunirsi, per un comportamento errato, per “non sentirsi all’altezza”. “Non sono abbastanza bella, alta, magra, in gamba”. Ed ecco quindi che mangiare diventa una punizione, magari si mangia senza limiti per poi sentirsi in colpa e correre a procurarci il vomito.

Perché questo comportamento? Perché controllare il cibo può far sentire forti quando tutto il resto sembra andare a rotoli.

Chi soffre di disturbi alimentari spesso ha una percezione alterata del proprio corpo: quello che vede allo specchio non corrisponde alla realtà. Anche se oggettivamente magri, si vedono in sovrappeso. Anche se sani, si sentono sbagliati.

E non si tratta di semplice “vanità”: è una disconnessione profonda tra corpo e mente, che può compromettere la capacità di valutare i propri bisogni reali. E quindi la realtà circostante diventa un pericolo contro noi stessi, rema contro i nostri obiettivi.

Argomento Taboo

Nonostante siamo nel 2025 proprio l’essere bombardati costantemente da notizie, informazioni, immagini di modelle o pubblicità progresso sui disturbi del comportamento alimentare vige anche un senso profondo di taboo.

Da un lato c’è la necessità di sentirci sempre apprezzati, sempre all’altezza della situazione. In questo quadro i disturbi alimentari prosperano nel silenzio. Chi ne soffre spesso prova vergogna, senso di colpa e paura del giudizio, e tende a nascondere i propri comportamenti.

Questo silenzio ma anche la superficialità di alcuni commenti che spesso si fanno anche involontariamente, rende più difficile poter riconoscere i sintomi, ma anche cercare di offrire aiuto.

Mangiare di nascosto, mentire su ciò che si è mangiato, evitare cene con amici: la tavola diventa un campo minato sociale ed emotivo.

La cultura della dieta: un terreno fertile

Viviamo in una società che idealizza la magrezza e demonizza il grasso. Questo clima culturale alimenta (letteralmente) l’insorgenza dei disturbi alimentari, creando un terreno fertile per l’insoddisfazione corporea e comportamenti alimentari disfunzionali.

Frasi come “sei così magra, stai benissimo!” o “oggi ho sgarrato, domani solo insalata” sembrano innocue, ma contribuiscono a normalizzare ossessioni e colpe legate al cibo. Oltretutto siamo costantemente bombardati da programmi televisivi dove si mostrano cibi, alimenti, si inneggia a diete e si mostrano risultati impossibili.

Il pericolo nascosto del diet talk

Diet Talk e Body talk indicano la tendenza a fare riferimento costante a cibo, alimentazione e forma fisica. Anche con frasi che all’apparenza sembra banali.

“Niente pasta a cena. Gonfia”.

“Però quella ragazza con qualche kg di meno starebbe meglio”.

“Ho visto Lucia al bar, com’è dimagrita. Mangia solo insalata”.

“Niente brioches oggi, troppe calorie”.

Tutte queste frasi sono innocue ma spesso vengono dette in maniera del tutto involontaria davanti ai bambini anche piccoli. Questo può portare a una maggior probabilità di sviluppare disturbi del comportamento alimentare.

Ricordiamoci che i bambini imparano dall’esempio ma anche che ci ascoltano attentamente. Vedere dei genitori che contano le calorie, che non mangiano la brioches del bar perchè ingrassa, che pesanno in modo ossessivo tutto ciò che mangiano può far scaturire una visione distorta della realtà e della necessità di accettarsi.

I bambini osservano attentamente i nostri comportamenti e devono approcciarsi al cibo e al momento del pasto in maniera del tutto naturale e incondizionata.


La cura

E’ possibile guarire da questi disturbi? Assolutamente si.

Non bisogna aver paura di chiedere aiuto e di rivolgersi agli specialisti quando si inizia a dubitare di avere disturbi alimentari o che ne soffra qualcuno vicino a noi.

La guarigione è un percorso lungo perchè significa riconnettersi con sé stessi, imparare ad ascoltare il proprio corpo, accogliere le emozioni, costruire un’autostima basata su chi siamo, non su quanto pesiamo.

Richiede tempo, terapia, spesso un lavoro multidisciplinare. E soprattutto: richiede comprensione, non giudizio.


Conclusione

Tutti i disturbi alimentari, seppur si presentano in modi molto diversi tra loro, parlano di un bisogno profondo che va oltre il cibo. Condividono una radice comune fatta di dolore, insicurezza, e desiderio di sentirsi abbastanza e la voglia di essere accettati.

Il processo di guarigione è impegnativo e non è solo questione di forza di volontà. E’ un processo che richiede tempo e piccoli passi alla volta.

Questi disturbi mettono in sofferenza il nostro corpo, che ha bisogno di molte energie per poter guarire.

Ma soprattutto per tornare a vedere il cibo come alleato e amico, e non come un nemico da combattere. Ed ecco perchè il processo di guarigione parte e passa dal fare pace con se stessi, dal perdonare ma coinvolge anche chi ci sta intorno chiedendo ascolto e comprensione.

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