Di Tommaso Montanari
Oggigiorno, l’obesità infantile è uno dei maggiori problemi in materia di salute pubblica a livello globale. Si stima che, nel 2020, 39 milioni di bambini e bambine sotto i 5 anni e 150 milioni tra i 5 e i 19 anni erano sovrappeso oppure obesi.
A differenza di quanto stabilito per gli adulti, l’obesità in età pediatrica viene diagnosticata sulla base di tabelle approvate dall’OMS andando a misurare quanto l’aumento di peso con la crescita si discosta dallo standard definito da queste tabelle.
Perché è importante conoscere questa malattia? Se un bambino o una bambina sviluppano obesità, questa si protrarrà in età adulta con un’alta probabilità. L’obesità, sia in età pediatrica che in età adulta, si accompagna ad altre complicazioni tra cui diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, disabilità motoria, aumento della mortalità e morte prematura, disturbi cognitivi e malattie mentali.
Perché si diventa obesi?
L’obesità viene definita come una malattia multifattoriale: questo significa che insorgenza, decorso e gravità dipendono da numerosi fattori, tra cui predisposizione genetica, fattori ambientali, stile di vita, fattori socio-economici e culturali, fattori psicologici.
Se negli scorsi decenni la ricerca sull’obesità era focalizzata sullo studio dell’impatto di singoli aspetti genetici e biologici, oggi si predilige un approccio più olistico che prenda in considerazione anche come il contesto sociale e culturale possa contribuire allo sviluppo della malattia. Parleremo di ambienti obesogenici per riferirci a quei contesti in cui lo sviluppo dell’obesità è semplificato o accelerato da fattori che prescindono la biologia dei singoli individui.
In un ambiente obesogenico possiamo riscontrare:
- Scarsa conoscenza delle pratiche per mantenere un’alimentazione sana ed equilibrata nel nucleo familiare.
- Barriere economiche che precludono l’accesso ad alimenti sani, indirizzando le scelte alimentari dei ragazzi e delle ragazze verso cibi ultraprocessati più a buon mercato, ma ricchi di grassi saturi e/o idrogenati, zuccheri raffinati e sale.
- Mancanza o ridotta partecipazione a programmi sociali e comunitari di educazione alimentare.

Dove si sviluppa il comportamento alimentare dei bambini e delle bambine?
Il comportamento alimentare va di pari passo con altri comportamenti che i bambini e le bambine fanno propri durante la crescita. Numerosi studi identificano tre nuclei distinti nei quali questi comportamenti si sviluppano e si consolidano:
- Casa. I genitori biologici o altre figure genitoriali (ai quali possiamo riferirci con il termine più ampio di caregiver, ovvero di persone che “somministrano le attenzioni”) modellano il comportamento dei bambini e delle bambine. Idealmente, queste figure sono promotrici di comportamenti sani che mirano a costruire un ambiente positivo nel cui si prediligono alimenti sani, si favorisce uno stile di vita attivo, si riduce il tempo trascorso di fronte agli schermi e si scoraggia l’accesso a “cibi spazzatura” (junk food in inglese).
- Vicinato. Bambini e bambine che abitano vicino tendono ad incontrarsi per trascorrere del tempo insieme a giocare o ad impegnarsi in altre attività. L’imitazione nel contesto del gruppo può essere determinante nel consolidamento dei comportamenti del singolo bambino e della singola bambina.
- Scuola. Il sistema educativo ha un ruolo fondamentale nell’impartire la corretta educazione alimentare e promuovere uno stile di vita sano e attivo.
La qualità dell’impatto di questi nuclei è a sua volta influenzata da fattori a monte, tra cui la scolarizzazione delle figure genitoriali, la sicurezza del quartiere (un vicinato poco sicuro favorisce l’isolamento dei bambini e delle bambine, diminuendo le opportunità di aggregazione e incidendo su paura e stress), l’accesso a strutture ricreative, la qualità e l’offerta delle scuole.
Perché traumi ed esperienze avverse possono essere fattori predisponenti?
Un crescente interesse dei ricercatori si sta indirizzando verso l’impatto che i traumi e altre esperienze avverse possono avere nello sviluppo di obesità infantile. Sotto l’ombrello delle esperienze avverse ricadono numerosi eventi traumatici di varia natura che hanno un impatto significativo sulla salute mentale e fisica del bambino e della bambina. Si possono distinguere:
- Abusi fisici (inclusi abusi sessuali), comportamenti violenti dei caregivers nei confronti delle bambine e dei bambini, abusi emotivi e psicologici, discriminazione, bullismo, violenza collettiva.
- Situazione familiare resa problematica da violenze domestiche nei confronti di uno o più caregivers, condivisione della casa con persone che abusano di sostanze, sono malati mentali, o hanno tendenze suicide, povertà, separazione o divorzio dei caregivers, morte di uno o di entrambi i caregivers.
Queste esperienze possono essere limitate all’ambiente casalingo oppure estendersi ad altri contesti, come la scuola o il vicinato.
A livello strettamente biologico, le esperienze traumatiche hanno un impatto diretto su uno specifico circuito neuro-ormonale, chiamato asse ipotalamico-pituitario-surrenale. Gli eventi sono elaborati dall’ipotalamo, che a sua volta stimola la ghiandola pituitaria (detta anche “ipofisi”) ad attivare la produzione dell’ormone dello stress (cortisolo) da parte della ghiandola surrenale. A livello cerebrale, la sovrastimolazione di questo asse induce una modifica dell’appetito, accrescendo il desiderio dei cosiddetti comfort foods, riduce il controllo dei propri impulsi, disturba il sonno e porta allo sviluppo di depressione e disturbi alimentari.
I primi risultati di questi studi affermano che le esperienze avverse favoriscono lo sviluppo di obesità infantile con un’entità che varia a seconda del sesso e del volume di esperienze vissute dai bambini e dalle bambine, che possono concorrere in maniera sinergica a peggiorarne la salute fisica e mentale.

Si può ereditare l’obesità?
La risposta breve è: sì. Quella lunga è: la predisposizione genetica non è solamente scritta nel nostro DNA, ma anche “al di sopra”. Con il termine epigenetica intendiamo una serie di modificazioni ereditabili del DNA che modificano l’espressione di determinati geni nel corso del tempo. Non si tratta di mutazioni, perché queste modificazioni non alterano la sequenza stessa del DNA, bensì di molecole che si legano al DNA andando a modificare l'”accessibilità” dei geni ai macchinari cellulari che traducono il gene stesso in una proteina.
Esistono infiniti fattori che possono modificare come i geni vengono espressi: tra questi, i più importanti (nonché quelli più estensivamente studiati) riguardano lo stato nutrizionale dei genitori. Un’alimentazione non ottimale dei genitori favorirà lo sviluppo di obesità nei figli e nelle figlie. Nel caso specifico della madre, il suo stato nutrizionale andrà ad impattare direttamente la disponibilità di nutrienti per il feto, producendo modificazioni epigenetiche che potranno a loro volta essere trasmesse alla generazione successiva.
Gestire la salute alimentare dei bambini e delle bambine
L’età dello sviluppo è cruciale per apprendere e interiorizzare comportamenti virtuosi in termini di alimentazione e, in senso più ampio, di adozione di uno stile di vita sano.
Abbiamo visto come l’ambiente casalingo sia determinante nell’apprendimento di questi comportamenti: i caregivers partecipano attivamente all’educazione alimentare dei bambini e delle bambine promuovendo abitudini positive, come consumare i pasti insieme e ad orari fissi e diversificare la scelta dei cibi, magari coinvolgendo anche i più piccoli nella decisione di cosa portare a tavola e, perché no, rendendoli partecipi nella preparazione dei pasti. Ciò si accompagna alla promozione dell’attività fisica con giochi all’aria aperta, sport e riduzione del tempo trascorso davanti agli schermi.
Anche la scuola e la comunità possono e devono partecipare nell’educazione all’alimentazione e alla salute con programmi didattici mirati e dedicati, affiancati alla distribuzione di pasti sani nelle mense scolastiche.
Voi come vi prendete cura della salute alimentare dei vostri piccoli?
Bibliografia e sitografia
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