Di Maria Caso

Nuove cure per Alzheimer | “Questa malattia non arriva di botto… Prima si pensa a sintomi passeggeri, non ci si preoccupa più del dovuto, e quando invece alla fine ce ne accorgiamo, in automatico viene l’istinto di nascondersi.“
Per esplorare le nuove cure per l’Alzheimer, mi piace partire da questa testimonianza di Gianni Zanotti, tratta dal suo libro In viaggio con l’Alzheimer.
Chi vive l’Alzheimer in prima persona o prendendosi cura dei propri cari affetti dalla malattia sa bene che essa “non arriva di botto“. Scienza e medicina lo confermano: i sintomi delle malattie neurodegenerative si manifestano quando il processo di deterioramento dei neuroni è già in corso.
Proviamo, dunque, a comprendere con Fastcura lo stato attuale della ricerca farmacologica sulla malattia e le nuove cure per Alzheimer che stanno aprendo uno spiraglio di luce in un mondo che attraversa diverse fasi di buio.
Nuove cure per Alzheimer: cause, sviluppo e complessità della patologia
Conoscere le cause e lo sviluppo alla base della malattia è essenziale per comprendere a fondo le prospettive offerte dalle nuove cure per Alzheimer e la complessità che si cela dietro la ricerca di terapie efficaci.
Le malattie neurodegenerative, infatti, sono tra le più difficili da curare, a causa della loro stessa natura progressiva che provoca la morte di un numero sempre maggiore di neuroni, con conseguente peggioramento della sintomatologia.
Partiamo dunque dalle basi. La malattia di Alzheimer è innescata da una serie concatenata di cause che agiscono a più livelli portando alla degenerazione iniziale di neuroni dell’ippocampo e delle aree adibite alle funzioni cognitive, con conseguente compromissione della struttura del tessuto nervoso e delle funzioni stesse.
Fattori concomitanti alla base della malattia

Allo stato attuale non si conoscono esattamente le cause scatenanti, ma diversi studi hanno rilevato la presenza dei seguenti fattori, anche in stadi precoci, in pazienti affetti da Alzheimer:
- placche amiloidi: generate dall’accumulo della beta amiloide, una proteina prodotta normalmente dal cervello, che, nei pazienti affetti da Alzheimer, fa fatica ad essere smaltita correttamente, accumulandosi nello spazio extracellulare sotto forma di placche. Si tratta della prima causa identificata della patologia.
- Grovigli fibrillari: aggregati della proteina tau, che, non essendo processata correttamente, assume forme fibrillari che si intrecciano tra di loro, dando forma a grovigli all’interno dei neuroni. Questa sembra essere la causa diretta della degenerazione dei neuroni.
- Meccanismi di morte cellulare: esistono in tutte le cellule per avviarne la distruzione in caso di danni, ma, in condizioni sane, vengono inibiti da ulteriori processi specializzati. Alcuni studi rivelano che, nel contesto dell’Alzheimer, l’inibizione della morte cellulare non funziona correttamente, causando la degenerazione neuronale.
- Demielinizzazione: danni alla mielina, responsabile della conduzione dell’impulso nervoso, sono stati rilevati in alcuni pazienti, anche negli stadi precoci della malattia.
- Neuro-infiammazione: causa o conseguenza della malattia, sembra essere coinvolta nella morte dei neuroni e nel progresso patologico.
Partendo da questi fattori, si può facilmente intuire la complessità della malattia e perché sia così difficile trovare della nuove cure per Alzheimer che siano efficienti e che ne rallentino il decorso. Ma proviamo ad affrontare il discorso nel dettaglio.
Malattia di Alzheimer: stato e difficoltà attuali nella ricerca di cure
Entriamo nel dietro le quinte e proviamo a comprendere le problematiche e le difficoltà che i ricercatori si trovano ad affrontare nello studio delle nuove cure per Alzheimer.
Come abbiamo visto, il primo problema riguarda le cause della patologia: diversi fattori sembrano essere coinvolti, ma è ancora difficile chiarire quale sia quello scatenante.
Il secondo problema riguarda la diagnosi della malattia di Alzheimer, per la quale gioca un ruolo fondamentale il tempo. I primi segnali neurologici, infatti, si manifestano, quando a livello strutturale, la degenerazione neuronale raggiunge uno stadio avanzato, causando danni tissutali e compromettendo le funzioni cerebrali, al punto da manifestarsi come sintomi cognitivi, quali problemi di memoria e difficoltà comunicative.
A questo punto la progressione della malattia è già in corso e non esistono, al momento, farmaci o terapie in grado di rallentarla o bloccarla con un’efficienza completa.
Quindi, la domanda da porsi è: è possibile diagnosticare la malattia di Alzheimer prima ancora che compaiano i primi sintomi? Oggi, sì: grazie ai progressi della ricerca scientifica, siamo in grado di individuare marcatori biologici e alterazioni strutturali già nelle fasi iniziali della patologia.
Tuttavia, per poter sfruttare efficacemente gli strumenti che la medicina ci mette a disposizione, è fondamentale che la diagnosi avvenga in uno stadio precoce. E questo è possibile solo attraverso un approccio sistematico alla prevenzione che parte dai pazienti.
A questo punto sorge una seconda domanda: una diagnosi precoce potrebbe cambiare il decorso della malattia? Fino ad alcuni anni fa la risposta era no, ma adesso qualcosa sta cambiando grazie alle nuove cure per Alzheimer.
Nuove cure per Alzheimer: terapie farmacologiche e prospettive future

Fino a pochissimi anni fa, i farmaci e le terapie approvate per la malattia di Alzheimer agivano sui sintomi con risultati scarsi nel rallentare la degenerazione neuronale. Questi farmaci agivano prevalentemente nell’alleviare i sintomi, rallentare il declino cognitivo e provare a migliorare la qualità della vita dei pazienti.
Alla luce di quanto esposto in precedenza, risulta facile comprendere che le nuove cure per Alzheimer dovrebbero agire sulle cause della malattia, per poterne bloccare, rallentare o addirittura invertire il decorso.
La svolta farmacologica è arrivata nel 2021, con l’approvazione del primo farmaco capace di intervenire direttamente sulle cause della malattia. Da allora, la ricerca ha compiuto ulteriori progressi: oggi sono disponibili due terapie innovative che agiscono sulle basi biologiche della patologia, aprendo nuove prospettive di trattamento.
Cosa significa agire sulle cause biologiche? Significa andare a colpire direttamente i meccanismi biologici che causano il deterioramento dei neuroni, ad esempio, l’accumulo di proteine neurotossiche. Il risultato sarà un rallentamento nella progressione della malattia e nel declino cognitivo.
Nuovi farmaci per Alzheimer: come agiscono e quali sono?
Conosciamo insieme questi farmaci per poterne comprendere le prospettive future per diagnosi, decorso e prevenzione della malattia di Alzheimer.
Ciò che li accomuna è il bersaglio d’azione: sono anticorpi monoclonali, proteine create in laboratorio capaci di imitare il comportamento degli anticorpi naturali del nostro sistema immunitario. La loro forza risiede nella precisione: colpiscono in modo mirato il bersaglio terapeutico.
Nel caso delle nuove cure per Alzheimer, questi anticorpi agiscono rimuovendo le placche amiloidi, non a caso la prima causa identificata per l’Alzheimer.
I due nuovi farmaci per l’Alzheimer attualmente in uso sono:
- Lecanemab (sviluppato da Leqembi®): approvato da EMA (European Medicine Agency) nell’aprile 2025, è un anticorpo monoclonale anti-amiloide, che può essere utilizzato nelle fasi precoci di sviluppo della malattia. Esso è in grado di agire sia sulle placche amiloidi già depositate nel cervello, sia su quelle non ancora depositate.
- Donanemab (sviluppato da Eli Lilly): nome commerciale, kinsula, è anch’esso un anticorpo monoclonale che agisce come il Lecanemab ed è stato approvato da EMA nel settembre 2025.
Benefici e rischi dei nuovi farmaci
Sebbene l’approvazione dei due farmaci anti-amiloidi e, quindi, il riconoscimento da parte delle autorità di regolazione dei farmaci sia una svolta importante per la cura della malattia di Alzheimer, esistono limiti e potenziali margini di miglioramenti a cui potrebbero andare incontro le nuove cure per Alzheimer.
Partiamo dai benefici: è chiaro che l’eliminazione delle placche amiloidi sia un punto nevralgico nel rallentare il decorso della malattia. Tuttavia, allo stato attuale si parla di un rallentamento del 30%, non di un arresto della progressione. Bisogna, dunque, chiarire, come riportato da John Hardy, nella sua analisi sulle prospettive future sulla malattia di Alzheimer, se questo rallentamento abbia un effetto significativo sui pazienti.
La seconda domanda riguarda il target di azione: sebbene le placche amiloidi siano da sempre state riconosciute come la causa principale della malattia, come abbiamo visto, esistono diversi attori coinvolti. Per cui eliminare le placche amiloidi potrebbe non essere sufficiente a rallentare o bloccare il decorso della patologia.
Effetti collaterali e condizioni di applicazione
Esistono, poi, effetti collaterali rilevati in alcuni studi, come gonfiore o piccole emorragie nel cervello, dovute al contatto di questi farmaci con l’amiloide presente nei vasi sanguigni. Questa condizione, chiamata ARIA (Amyloid-Related Imaging Abnormalities), può causare mal di testa, confusione e, solo raramente, gravi complicazioni.
Infine, è importante considerare che le nuove cure per Alzheimer possono essere applicate solo in specifiche condizioni, quali:
- stadi precoci della malattia e del declino cognitivo;
- in seguito a un test genetico che verifichi la presenza dell’allele APOE ε4, responsabile degli effetti ARIA;
- somministrazione endovenosa ogni 2-4 settimane;
- visite mediche e monitoraggio mediante imaging per tenere sotto controllo gli effetti della terapia.
L’analisi dei limiti delle nuove cure per Alzheimer ci permette di entrare nel vivo della ricerca e di chiederci quali nuove frontiere le nuove terapie aprano nella cura della patologia.
Nuove frontiere per la cura dell’Alzheimer

Prima di concludere il nostro percorso attraverso le nuove cure per Alzheimer, analizziamo le domande attuali a cui i ricercatori stanno provando a rispondere.
Innanzitutto è necessario chiarire quali siano gli effetti a lungo termine dei nuovi farmaci: esistono benefici a lungo termine? È possibile sospendere la somministrazione quando la concentrazione delle placche è ridotta al minimo, oppure, è necessario proseguire la terapia in modo ininterrotto? Inoltre, quali sono gli effetti nel lungo periodo? I nuovi farmaci causano cambiamenti consistenti nella struttura e nelle funzioni del cervello? E, se la risposta è sì, questi cambiamenti sono positivi o negativi?
Mentre la ricerca prova a rispondere a queste ed altre domande, con lo scopo di ottimizzare gli effetti, la sicurezza per i pazienti e i costi legati ai nuovi farmaci, nuove terapie sperimentali sono in corso.
In particolare, una nuova e recente frontiera è stata aperta nella ricerca di farmaci che agiscano sulla proteina Tau, coinvolta, come abbiamo visto, direttamente nella neuro-degenerazione.
Inoltre, nel 2025, è stato annunciato un nuovo trattamento a base di nanoparticelle che riduce del 50–60% la beta-amiloide nel cervello. Sebbene ancora in fase sperimentale, questo tipo di terapia potrebbe dare avvio ad una nuova generazione di farmaci causali.
Conclusioni
Concludiamo questo viaggio attraverso le nuove cure per Alzheimer, tornando alla citazione iniziale: è vero, la malattia di Alzheimer non arriva all’improvviso, ma è il risultato di un lungo e progressivo deterioramento strutturale e declino cognitivo.
Oggi la ricerca lavora in modo sincronico per favorire diagnosi precoci e nuove terapie che possano rallentare fin da subito il decorso della malattia. Lo sforzo collettivo è finalizzato a permettere ai pazienti di vivere la patologia senza quel desiderio incessante di “nascondersi”.
La strada è ancora lunga, ma, guardandoci indietro, possiamo tutti percepire quanta ne abbiamo fatta, a piccoli passi, verso nuove terapie che offrano sollievo a chi vive la patologia da vicino.
La conoscenza e la consapevolezza sono il primo passo per migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da Alzheimer.
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Bibliografia e sitografia
- Zanotti Gianni, In viaggio con l’Alzheimer, Carmignani Editrice, 2019
- PUBMED: Hardy J. Alzheimer’s Disease: Treatment Challenges for the Future. J Neurochem. 2025 Aug;169(8):e70176. doi: 10.1111/jnc.70176. PMID: 40739944; PMCID: PMC12311557.
- ALZHEIMER’S SOCIETY: https://www.alzheimers.org.uk/what-we-do/researchers/news/researching-new-drugs-alzheimers-disease
- ALZHEIMER’S SOCIETY: https://www.alzheimers.org.uk/news/2024-10-23/alzheimers-drug-donanemab-approved-use-uk-not-nhs
- POPULAR MECHANICS: https://www.popularmechanics.com/science/health/a69280387/cancer-drugs-alzheimers/
- PUBMED CENTRAL: Zheng Q, Wang X. Alzheimer’s disease: insights into pathology, molecular mechanisms, and therapy. Protein Cell. 2025 Feb 1;16(2):83-120. doi: 10.1093/procel/pwae026. PMID: 38733347; PMCID: PMC11786724.
Scritto da Maria Caso | MSc Neuroscienze, Junior Copywriter