di Simona Delizia

Smetti di chiederti se mangiare bene faccia davvero la differenza: la fa, eccome.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), un’alimentazione equilibrata non solo sostiene e rafforza l’organismo, ma fornisce anche l’energia necessaria per affrontare al meglio le attività di ogni giorno.
Dal punto di vista nutrizionale, una dieta sana dovrebbe includere una combinazione equilibrata di frutta, verdura, cereali e proteine, accompagnata da un’adeguata idratazione e dal consumo moderato di sale e alcol. L’obiettivo è ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, metaboliche e tumorali.
Il legame tra alimentazione e benessere: il ruolo del microbiota
Ti sei mai chiesto cosa collega ciò che mangiamo al nostro benessere? La risposta risiede nel microbiota, noto anche come “organo nascosto”.
Si tratta di un insieme di microrganismi — batteri, lieviti, virus — presenti in diverse parti del corpo umano.
Microbiota intestinale
È considerato il più importante per il mantenimento della salute. Comprende batteri (Actinobacteria, Bacteroidetes, Firmicutes, Lactobacillae, Streptococci, Enterobacteria), funghi (Candida, Saccharomyces, Malassezia, Cladosporium) e virus, fagi e archei, che supportano digestione e assorbimento dei nutrienti.
I batteri intestinali svolgono funzioni chiave, tra cui:
- fermentazione degli alimenti;
- protezione dai patogeni;
- stimolazione della risposta immunitaria;
- produzione di vitamine.
Negli ultimi anni, numerosi studi hanno confermato l’importanza del microbiota intestinale nello sviluppo cerebrale infantile e nella salute mentale, già a partire dalla fase embrionale.
Microbiota orale
Si trova su lingua, gengive, palato e mucosa buccale, con composizione e attività variabile in base al pH e alle interazioni tra specie. Tra i principali ceppi troviamo Firmicutes, Proteobacteria, Bacteroidetes, Actinobacteria e Fusobacteria.
Microbiota polmonare
Contrariamente a quanto si pensava, i polmoni sani ospitano batteri come Actinobacteria, Firmicutes, Proteobacteria e Bacteroidetes.
Microbiota cutaneo e vaginale
Il microbiota della pelle protegge da agenti patogeni ed è composto principalmente da Actinobacteria, Bacteroidetes, Cyanobacteria, Firmicutes e Proteobacteria. Il microbiota vaginale, prevalentemente costituito da Lactobacilli, previene infezioni sessualmente trasmissibili, urinarie e candidosi vulvovaginali.
Microbiota intestinale e salute: cos’è davvero quella “flora” di cui parlava tua nonna?
Disbiosi: quando l’equilibrio si rompe

La disbiosi è uno squilibrio nella composizione e funzione del microbiota.
Può provocare infiammazione locale e sistemica, predisponendo a diverse patologie:
- Disturbi gastrointestinali, come la sindrome dell’intestino irritabile (IBS);
- Malattie autoimmuni, come la malattia di Crohn in cui si verifica la disgregazione della barriera intestinale con conseguente risposta immunitaria anomala;
- Malattie metaboliche, incluso il diabete di tipo 2 in cui alterazioni della dieta determinano produzione di metaboliti microbici che influenzano la regolazione dell’insulina;
- Cancro, in particolare carcinoma colorettale a causa dell’attivazione della cascata infiammatoria;
- Disturbi neuropsichiatrici, come depressione e demenza correlate all’alterazione del gut-brain axis.
Tra i principali fattori che favoriscono la disbiosi troviamo abitudini alimentari scorrette, stress, interruzioni del ritmo circadiano, sonno insufficiente e attività fisica eccessiva.
Sebbene la disbiosi sia stata descritta come un fattore predisponente e risulti associata a diverse patologie, non è ancora considerata una condizione patologica in sé ed è tuttora oggetto di dibattito per quanto riguarda il suo ruolo nel mantenimento della salute del microbiota.
Alimentazione e microbiota intestinale
La dieta è uno dei principali fattori che influenzano il microbiota: i componenti alimentari non digeriti supportano la crescita di specifici microrganismi, mentre l’assunzione di certi nutrienti può alterare parametri fisiologici come pH gastrico, secrezione di enzimi e bile, infiammazione intestinale, stress ossidativo e attività del sistema immunitario.
Fibre, proteine, grassi, polifenoli e triptofano agiscono sul microbiota e, di conseguenza, sulla salute intestinale e generale.
- Fibre e carboidrati non digeribili (NDC): fermentati dai batteri intestinali, producono acidi grassi a catena corta (SCFA) che modulano l’infiammazione e il sistema immunitario;
- Proteine: forniscono amminoacidi e azoto necessari per la sintesi microbica;
- Grassi: influenzano la secrezione di acidi biliari che inizialmente vengono coniugati nel fegato e successivamente deconiugati dai batteri intestinali. Un eccesso di acidi biliari coniugati può alterare la composizione del microbiota e aumentare la permeabilità intestinale, favorendo l’infiammazione;
- Polifenoli: antiossidanti naturali assunti principalmente attraverso il consumo di frutta, verdura e legumi;
- Triptofano: un amminoacido liberato durante la digestione delle proteine e prodotto anche dalle cellule della mucosa intestinale. È il precursore della serotonina, un neurotrasmettitore che agisce sia a livello gastrointestinale — regolando secrezione, motilità e percezione del dolore — sia a livello cerebrale, dove influenza umore e funzioni cognitive.
Una dieta carente in uno di questi nutrienti può stressare il microbiota e favorire processi infiammatori.
Gut-brain axis: l’asse intestino-cervello
Il microbiota comunica costantemente con il cervello attraverso il cosiddetto asse microbiota–intestino–cervello, un sistema bidirezionale che coinvolge:
- Il microbiota intestinale, che produce metaboliti e molecole di segnalazione;
- Il sistema nervoso enterico (SNE), anche definito “secondo cervello”, che regola funzioni motorie, secretorie e sensoriali dell’intestino;
- Le branche simpatiche e parasimpatiche del sistema nervoso autonomo (SNA), in particolare il nervo vago, principale via di connessione tra intestino e cervello;
- Molecole di segnalazione, come metaboliti del triptofano e SCFA che modulano la comunicazione tra i due sistemi.
Questa comunicazione può essere bottom-up (dal microbiota al cervello) o top-down (dal cervello all’intestino).
Nel caso bottom-up, i microrganismi intestinali possono modulare la sintesi, il metabolismo e la disponibilità di neurotrasmettitori come serotonina, dopamina, noradrenalina e GABA, o persino produrli direttamente. Anche se la barriera emato-encefalica impedisce ai neurotrasmettitori intestinali di raggiungere direttamente il cervello (ad eccezione del GABA), essi possono influenzarne indirettamente l’attività tramite il sistema nervoso enterico. Così, il microbiota può incidere sul funzionamento cerebrale, influenzando umore, risposta allo stress, funzioni cognitive e comportamento.
Nel caso top-down, il cervello invia segnali all’intestino: lo stato emotivo e i fattori psicologici possono modificare la motilità intestinale, la secrezione di ormoni e persino la composizione del microbiota.
Questi due meccanismi insieme costituiscono un circuito dinamico e reciproco, in cui intestino e cervello si scambiano informazioni in modo continuo.
Stress e microbiota: il ruolo del “leaky gut”
Mangiare bene, però, non basta: lo stress è un fattore in grado di alterare profondamente l’equilibrio della comunicazione tra intestino e cervello.
Un’ipotesi a supporto del legame tra stress e microbiota è il fenomeno del “leaky gut”, ovvero la sindrome dell’intestino permeabile. In questa condizione, la barriera intestinale diventa più permeabile, consentendo il passaggio nel circolo sanguigno di sostanze che normalmente resterebbero confinate nel lume intestinale.
Tra queste, il lipopolisaccaride, componente della membrana dei batteri Gram-negativi, la cui traslocazione attiva il sistema immunitario, inducendo la produzione di citochine pro-infiammatorie.
L’aumento di queste citochine stimola il sistema limbico attraverso l’asse ipotalamo–ipofisi–surrene, portando al rilascio di cortisolo da parte delle ghiandole surrenali. Il cortisolo, principale ormone dello stress, esercita effetti diffusi sull’organismo, influenzando numerosi organi, tra cui anche il cervello.
Inoltre, diversi studi suggeriscono che nel fenomeno del leaky gut giochi un ruolo significativo anche una dieta ad alto contenuto di grassi, che — in combinazione con l’esposizione allo stress — può favorire una maggiore traslocazione batterica e aggravare l’infiammazione sistemica.
Come aiutare il microbiota
Contrastare la disbiosi intestinale
Recentemente, il trapianto di microbiota fecale (FMT, Fecal Microbiota Transplantation) è diventato un tema di grande interesse nella ricerca clinica.
Si tratta di una procedura in cui un donatore sano fornisce le proprie feci, che vengono processate e trasformate in sospensione o polvere, per poi essere introdotte nel tratto intestinale del paziente attraverso diverse vie di somministrazione.
L’obiettivo principale è quello di ripristinare l’equilibrio del microbiota intestinale, favorendo la ricostituzione di una flora microbica sana e funzionale.
Numerosi studi scientifici hanno evidenziato il potenziale terapeutico del FMT nel trattamento di diverse patologie intestinali, tra cui la malattia di Crohn, la stitichezza e la sindrome dell’intestino irritabile.
Modificare la dieta per migliorare l’umore
Una strategia sempre più esplorata per promuovere la salute intestinale e mentale è l’assunzione di probiotici, microrganismi vivi in grado di modulare la composizione e le funzioni del microbiota intestinale.
L’attività neurotrofica dimostrata da alcuni ceppi probiotici ha portato alla nascita del concetto di “psicobiotico”, termine con cui si indicano microrganismi vivi che, se assunti in quantità adeguata, possono apportare benefici alla salute mentale dei pazienti affetti da disturbi psicologici, agendo attraverso la modulazione dell’asse microbiota–intestino–cervello.
Nel concetto di psicobiotici rientrano anche i prebiotici, ovvero fibre alimentari non digeribili che favoriscono la crescita e l’attività dei batteri benefici intestinali. Queste sostanze sembrano ridurre l’attività dell’asse ipotalamo–ipofisi–surrene, contribuendo così a diminuzione dei livelli di cortisolo e dello stress, oltre a migliorare l’umore, le capacità cognitive e ridurre i sintomi ansiosi.
Sebbene la ricerca sia ancora in fase di sviluppo, studi pilota hanno evidenziato che l’ambito più promettente per l’utilizzo degli psicobiotici è attualmente il trattamento dei sintomi depressivi.
Bibliografia e Sitografia
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