di Alessio Acquisti

Cos’è un probiotico?
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) i probiotici sono: “microrganismi vivi che, quando assunti in quantità adeguate, possono apportare benefici alla salute dell’ospite“. Questi, generalmente tollerati e sicuri, sono utilizzati per contribuire al benessere intestinale. In questo articolo impareremo come impiegarli in base alle proprie esigenze.
Fermenti lattici e probiotici sono la stessa cosa?
I fermenti lattici sono specie in grado di fermentare il lattosio producendo acido lattico. Questi, una volta ingeriti, di frequente non sopravvivono al passaggio nello stomaco.
I probiotici, invece, hanno la caratteristica di sopravvivere per l’intero tragitto nell’apparato gastrointestinale dalla bocca all’intestino.
Si nota come queste due sostanze presentino, quindi, una differenza sostanziale, anche se abitualmente sono utilizzate come sinonimi.
L’importanza dell’equilibrio intestinale
Centinaia di diverse specie tra funghi, batteri, virus e protozoi formano il microbiota intestinale. L’equilibrio di questo sistema è fondamentale per la salute dell’organismo, difatti, una sproporzione tra batteri “buoni” e “cattivi” può precludere la capacità dell’intestino di regolare numerose funzioni utili al nostro benessere. Le principali azioni del microbiota intestinale sono le seguenti:
- Favorisce la digestione.
- Elimina le sostanze nocive.
- Combatte le infezioni batteriche.
- Rinforza le difese immunitarie.
- Promuove la produzioni di acidi grassi a catena corta.
- Sintetizza la vitamina K.
- Protegge il sistema cardiocircolatorio.
Come valutare un probiotico
Possiamo determinare il valore terapeutico di un probiotico attraverso gli studi clinici a cui è stato sottoposto. Nei vari contesti terapeutici specie, ceppi e dosaggi possono determinare effetti diversi. Un prodotto di qualità è probabilmente testato da terze parti per garantirne una maggior credibilità e riporta sulla confezione le caratteristiche principali riscontrate durante il percorso clinico.
Prendersi cura della flora batterica intestinale
Il mantenimento di un sano microbiota è possibile non solo attraverso l’utilizzo dei probiotici, le nostre azioni quotidiane ed in particolar modo il cibo che consumiamo sono elementi determinanti.
Questo studio ha messo in evidenza le discrepanze del microbiota delle popolazioni occidentali rispetto a quello di comunità con stile di vita e dieta più tradizionali: è stato osservato come il consumo limitato di fibre potrebbe, nel tempo, ridurre la quantità e qualità di intere comunità batteriche “buone” presenti a livello intestinale, perfino in modo permanente.
Un consiglio pratico, quindi, è quello di integrare cibo fermentato ed alimenti ad elevato contenuto di fibre nella propria dieta al fine di conservare la variabilità nel microbiota, fondamentale per la sua attività.
La promessa dei probiotici

La comunicazione sul tema dei probiotici risulta spesso uniforme e generalista. Il marketing, infatti, tende ad attribuire a tutta la classe le medesime proprietà, nonostante la variegata composizione del microbiota e gli studi non conclusivi.
Il divario tra marketing e realtà scientifica
La letteratura sulla tematica è vaga ed ha prodotto negli anni centinaia di studi con grandi disuguaglianze; i differenti ceppi coinvolti, i diversi dosaggi utilizzati, le misurazioni non omogenee e le variabili individuali (come il microbiota dell’ospite) non vengono sempre presi in considerazione. Tutto ciò determina incertezza attorno ai benefici di molti probiotici in commercio.
In aggiunta dobbiamo tenere conto che, di norma, non sono farmaci e seguono l’iter regolatorio degli integratori alimentari, più snello e leggero. Ciò affida la responsabilità in termini di sicurezza e composizione direttamente sul produttore, difatti salvo eccezioni relative a specifici ceppi ed indicazioni, i probiotici non sono generalmente sottoposti a sperimentazioni cliniche e prove che ne garantirebbero l’efficacia terapeutica prima della commercializzazione.
ll mercato globale dei probiotici, nonostante ciò, negli ultimi decenni è cresciuto in modo esponenziale, rappresentando oggi un giro d’affari da decine di miliardi di dollari. Alcune analisi del mercato americano, basate su dati raccolti attraverso i social network e le piattaforme di contenuti video, hanno messo in evidenza come l’informazione sul tema sia spesso dispensata da amatori e non solo da professionisti del settore.
Utilizzo del termine in Italia ed Europa
In Italia le linee guida sulle indicazioni dei probiotici sono state pubblicate dal Ministero della Salute nel 2013 e riviste nel marzo 2018; secondo queste possono essere etichettati come tali e accompagnati dalla dichiarazione “favorisce la flora intestinale” se:
- Sono stati a lungo utilizzati per integrare il microbiota intestinale umano.
- Sono considerati sicuri per la somministrazione nell’uomo (punto di riferimento QPS, assenza di resistenza agli antibiotici trasmissibili).
- Sono attivi nell’intestino in una quantità tale da potervisi moltiplicare (almeno 10^9 cellule vive al giorno, fino alla data di scadenza).
- Il microrganismo è caratterizzato a livello di ceppo.
In Europa secondo le direttive di EFSA, al contrario, il termine probiotico è considerato claim salutistico e non può essere usato per la commercializzazione dei prodotti senza studi clinici qualitativi sugli esseri umani.
La necessità di prove cliniche evidenti per confermare il loro stato giuridico, rinforza l’esigenza di suddividere la macro-categoria dei probiotici nelle varie specie e nei singoli ceppi in modo da valutarli singolarmente.
Quando assumere probiotici
L’assunzione di probiotici è una pratica che, al contrario delle consuetudini, non sempre è consigliata dai medici specialisti. L’American Gastroenterological Association dopo un’esaustiva revisione della letteratura correlata presenta nel suo prontuario solo tre utilizzi consigliati per i disordini gastrointestinali.
Le società europee (ESPGHAN, ECCO e NICE), invece, applicano criteri più elastici considerando situazioni con evidenze meno conclusive in cui il probiotico potrebbe avere un effetto utile ma non garantito. Di seguito i quattro abbinamenti più studiati utilizzabili per la pratica clinica quotidiana:
- Diarrea associata ad uso di antibiotici (AAD): Lactobacillus Rhamnosus GG. Studi europei e meta-analisi indicano una significativa riduzione del rischio di diarrea se assunto durante una terapia antibiotica, anche in età pediatrica.
- Infezioni o recidive da Clostridioides difficile: Saccharomyces Boulardii. Potrebbe favorire la riduzione di recidive nei soggetti predisposti.
- Sindrome dell’intestino irritabile (IBS): Bifidobacterium Infantis 35624. L’efficacia varia da persona a persona, anche se diversi studi mostrano una riduzione della sintomatologia di gonfiore e dolore addominale.
- Colite ulcerosa (UC): Escherichia coli Nissle 1917. Alcuni studi confermano la sua attività paragonabile a quella della mesalazina.

Sicurezza dei probiotici
L’assunzione di probiotici è generalmente tollerata e sicura; in questo contesto, però, alcune categorie come gli anziani con comorbilità, i bambini prematuri o con patologie, gli immunicompromessi ed i pazienti ospedalizzati necessitano di maggiore attenzione essendo più a rischio di sviluppare infezioni batteriche e fungine.
Conclusioni
Il microbiota intestinale così come le specie che lo abitano rimangono una frontiera da scoprire e valorizzare. Allo stesso tempo il mercato propone svariate tipologie di probiotici che potrebbero rappresentare un sostegno al nostro organismo, ma che non sempre sono necessarie.
Utilizzare probiotici durante una terapia antibiotica rimane il caso principale per sostenere il microbiota, in altre sintomatologie e casistiche specifiche è importante ricordare come ogni ceppo ed ogni dosaggio può avere un effetto diverso legato alla sua specificità.
La variabilità individuale, in aggiunta, impedisce di trovare delle applicazioni universali per i probiotici, suggerendo un approccio personalizzato da concordare con il medico in base ad anamnesi, dieta e fattori ambientali. Ci auspichiamo che il futuro di questi studi venga incentrato su questo aspetto, come capire quali specie popolano il microbiota ed in che modo vi agiscono.
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